
So che Radio Rebel, pur essendo un Disney Original Movie per la TV, torna spesso in programmazione e ha (ed avuto) una folta schiera di fan.
Il doppiaggio di Larry, stralunato compagno di classe della protagonista impersonato da Rowen Kahn, fa parte di un ricordo meraviglioso ed è legato ad una persona speciale: il direttore Elio Zamuto.
Da piccolo mio padre mi ha trasmesso la passione per i film “poliziotteschi”, ovvero i polizieschi all’italiana che dagli anni ’60 agli anni ’80 hanno imperversato nella produzione cinematografica nostrana. Hanno anche ispirato tantissimi personaggi oltreoceano, uno fra tutti Quentin Tarantino. In questi film, e in tante altre opere seriali della RAI, compariva spesso un bravo attore, prestante e con due lunghi e folti baffi, che proprio per la sua fisicità e l’aspetto, quasi sempre veniva scelto per interpretare commissari, colonnelli, ufficiali di alto grado delle forze dell’ordine. Questo attore era proprio Elio Zamuto. Negli anni ritrovai quel nome nei titoli di coda di alcuni film e serie sotto la dicitura “direttore del doppiaggio”. Fu lì che pensai: “Guarda che figata! Questo non è solo attore, è anche doppiatore! Quindi si possono fare entrambe le cose!”. Da tenere presente che non avevo più di nove, dieci anni e che queste intuizioni, oggi scontate, all’epoca mi sembravano incredibili.
Quando nel 2010 arrivai a Roma e iniziai a studiare e a fare i primi provini per farmi conoscere dai direttori un mio caro amico e collega mi disse: “Vieni, ti presento Elio Zamuto”. Immaginate la mia faccia.
Elio era esattamente come lo ricordavo. Solo, ovviamente, più anziano e più dinoccolato nei movimenti, ma con una prontezza e uno spirito da far invidia ad un ragazzino. Un omone alto e di gran classe che nel silenzio delle bellissime sale di doppiaggio romane stava dirigendo una serie TV. Mi misi silenzioso alle sue spalle a osservare come lavoravano i numero uno dell’arte del doppiaggio. Alla fine del turno disse all’assistente, con un sorriso degno di un nonno: “Fernanda, trovami un bell’anello che adesso mi sento questo baldo giovane che è qui con me!”. Tutta questa accoglienza non è usuale nel mondo del doppiaggio dove si corre sempre, ci sono turni da chiudere, sale da raggiungere dall’altra parte della città e (purtroppo) non tutta questa pazienza e voglia di ascoltare i più giovani. Quindi, per me, fu come ricevere una carezza e una pacca sulla spalla.
Entrai in sala e l’assistente Fernanda Piattelli mi accolse con lo stesso grande sorriso che mi aveva donato Elio qualche secondo prima. Ci stringiamo la mano, ci salutiamo e poi vado al leggio. Era enorme, fatto di plexiglass super rinforzato, pulitissimo e con una vecchia cassetta VHS appoggiata che serviva a tenere il copione più in alto e velocizzare il ping-pong che devono fare le pupille per passare rapidamente dal foglio di carta allo schermo.
Parte la scena. La guardo, la riguardo e la provo. La voce trema un po’: sono emozionato. Si accendono le luci in sala ed entra Elio: si affianca, mi appoggia una mano sulla spalla e inizia a tranquillizzarmi. Avevo 24 anni ma mi sembrava di essere tornato bambino. Mi disse di non aver paura, che lui era lì per ascoltarmi, che aveva piacere di farlo e che se ci fosse stato bisogno di darmi qualche indicazione recitativa lui sarebbe stato lì apposta per quello.
Uscì. Le luci si spensero di nuovo e la scena ripartì. Incido. Buona la prima. Dall’interfono arriva la voce tonda e potente di Elio Zamuto: “E che ti devo dire, bello mio? Lascia il numero di telefono a Fernanda!”. Mentre elenco all’assistente le dieci cifre Elio entra in sala nuovamente e mi dice: “Tu lavorerai molto, vero Fernanda?”. “Sì – rispose lei – è bravo!”.
Inizio a fare molti turni con Elio Zamuto in direzione. Piccole parti, come è giusto che sia quando si è alle primissime armi. Ma piccole piccole, eh? Personaggi da non più di sette, otto righe che si doppiano nei turni di brusio.
Poi, dopo alcuni mesi, una telefonata: “Elio vuole sentirti per un provino su parte per un nuovo film TV Disney”. Era arrivato Radio Rebel. Feci il provino. Andò bene e lasciai le mie disponibilità al coordinamento. Avevo un personaggio da 140 righe in un film Disney a Roma con Elio Zamuto come direttore. Ricordo che finii il turno prestissimo quel giorno. Il personaggio era divertente, nelle mie corde, il copione era adattato divinamente, tanto che la voce sembrava volare sulle battute.
Uscii dallo studio e respirai a pieni polmoni l’aria frizzante di Roma come succede spesso quando l’estate è ormai alle porte e la giornata volge al termine. La macchina era parcheggiata a Piazzale Clodio e decisi che anziché fare la strada solita per tornare a casa avrei preso la cosiddetta “panoramica” che si inerpica su, curva dopo curva, fino al quartiere Trionfale, dove abitavo all’epoca. Sotto, Roma era bellissima, vestita a festa per gioire con me che, da solo, senza l’aiuto di nessuno e senza un centesimo da parte, ero arrivato in quella città pieno di speranze e punti interrogativi. Procedevo così lentamente che si fece quasi sera e in quel momento vidi uno dei tramonti più belli che io ricordi. Avevo realizzato un piccolo sogno, ma soprattutto avevo svolto il mio servizio con gioia e con piacere, ragione per cui ero stato scelto, contattato e pagato. In quel momento non potevo desiderare altro.