Il ragazzo seduto a sinistra è mio nonno poco prima di partire per andare in Russia a combattere una guerra scellerata. Al freddo, senza armamenti né abiti adeguati. I suoi racconti mi risuonano in testa di continuo, anche adesso che lui non c’è più. Basta parlare di guerra, vi prego, e basta sentirsi e atteggiarsi come se lo fossimo. Sento parlare di “task force”, di “fronte”, di “nemico invisibile”, etichette partorite solo per appiccare nei più deboli la fiammella della paura. Vera arma di controllo di ogni gruppo sociale: dal nucleo familiare alle intere popolazioni. Siamo più limitati economicamente, forse, e probabilmente lo saremo ancora di più. Ma abbiamo case comode, attrezzate di tutti i comfort, possiamo fare la spesa ed il cibo non manca. Abbiate un po’ di rispetto per chi la guerra VERA l’ha vissuta e non ha avuto il riparo di un tetto, la farina per sfamarsi e ha sentito il freddo insinuarsi nella carne al fronte o in case ridotte a un colabrodo. Soprattutto chi è a casa e non in un letto di ospedale a combattere fra la vita e la morte la smetta di parlare di “guerra”. È un periodo di congiunzione come tanti ce ne sono stati. È e sarà difficile a livello sociale, perché siamo “viziati”, ma possiamo sopravvivere. Abbasseremo le nostre pretese, ma sopravvivremo. Il cambiamento spaventa solo le menti più chiuse.